Pillole di Sanremo 2025: Arte e musica. Intervista al cantautore Francesco Franco
Dalla Sala Stampa Lucio Dalla, nella splendida cornice di Sanremo, si conoscono vari artisti fra i quali uno speaker radiofonico che scrive brani suoi e si diletta in varie forme artistiche, Francesco Franco.
Francesco Franco è un semplice ragazzo nato e cresciuto a Baggio, nella periferia ovest di Milano, da una famiglia di origini calabresi. L’importanza delle radici si ripercuote in tutto il mio essere, perché ciò che ho sempre visto in questi ambienti fa parte di una mentalità prevaricatrice, fatta di sopravvivenza, violenza e abbandono sociale. È da qui che nasce il mio lato artistico: quando cresci in un ambiente che senti non appartenerti, eppure è quello più familiare, ti senti spesso solo e incompreso e con una gran voglia di urlare dissenso e cambiare le cose. Con la scrittura ho capito che potevo rappresentare, trovare, aiutare chi, come me, si sente fuori luogo, fuori posto, e far capire che non siamo soli. Per me la parte sociale è fondamentale, sia nella musica che in tutto ciò che faccio. I primi live li ho fatti con associazioni benefiche, per ragazzi disabili, senzatetto ed altre difficoltà fino ad arrivare a conoscere Aivis (Associazione Italiana Vittime e Infortuni della Strada), di cui sono diventato socio onorario.
I brani che produci sono opere tue o ti fai scrivere i pezzi?
La parte autoriale è la più importante per me. Mi piace scrivere, scrivo tutto da solo; per alcune canzoni ci ho messo 5 minuti. Quando scrivo riesco ad esprimere pensieri che non riesco a far fluire in altro modo. Mi è successo più volte di rimanere sorpreso dai miei stessi testi, quasi come se li avessi scritti in “catalessi”. Mi riconosco più come autore che come cantante, anche se ad oggi ho scritto solo per me, ma mi piacerebbe scrivere per qualcun altro in futuro.
La tua definizione di arte.
Bellissima domanda. Per me l’arte, in ogni sua forma, è bellezza, quella pura, autentica. Tutto ciò che suscita emozioni istintive è arte. È arte un corpo che incanta nelle sue imperfezioni, così come la musica, un quadro, un film che suscita emozione e riflessione.
La canzone che più ami.
Ce ne sono troppe. Io amo la musica italiana in generale. D’istinto direi “Pensieri e parole” di Battisti.
Un ricordo della tua vita.
È brutto da dirsi, ma mi vengono in mente solo ricordi dolorosi. Vorrei solo dire che tutti i giorni penso di non farcela, poi resisto e ce la faccio, ce l’ho fatta.
Francesco ha altre vene artistiche?
Sì e no. Mi adatto a molti contesti, mi piace variare ed imparare sempre cose nuove. Sono una persona creativa che prova a fare un po’ tutto a modo suo. Faccio lo speaker in radio con un format creato da me e faccio parte dello staff di un programma TV, faccio le grafiche e i video delle mie canzoni da solo. Ma non so se potrei definirle “vene artistiche”, più forse “far di necessità virtù”.
Progetti futuri?
Pianifico molto, ma mi faccio condurre dal momento. Ti direi proseguire quello che sto facendo e imparare per farlo ancora meglio. Di sicuro ho intenzione di fare presto un altro EP musicale e in futuro vorrei fare un album, che in realtà esiste già, manca solo la pubblicazione.
Ho apprezzato fra i tuoi brani: Invisibile, per te cosa significa e che cosa ha rappresentato?
“Invisibile” fa parte dell’EP “Dalla Polvere” fatto in collaborazione con Dyma, mio amico fin dalle elementari e producer di tutte le mie canzoni precedenti, che qui si mette in luce anche come rapper. Ci siamo trovati entrambi in una fase dolorosa delle nostre vite ed abbiamo voluto “esorcizzare” quel periodo con un lavoro che ci facesse esprimere la nostra visione tra presente e futuro. In questo brano siamo partiti dal tema dei senzatetto come simbolo di emarginazione, esclusione sociale e abbandono, per esprimere come nella società moderna siamo tutti un po’ invisibili, descrivendone i punti dolorosi e di forza che ciò comporta.
È un brano a cui entrambi siamo molto legati, ci rappresenta e credo rappresenti la “solitudine” che ognuno di noi vive quotidianamente, ma al contempo, quella solitudine che accomuna tutti noi. Mi viene spontaneo dire “Non siamo soli nella nostra solitudine”.
Se fossi una canzone quale ti rappresenterebbe e perché.
“Senza un posto nel mondo” di Marracash ft Tiziano Ferro perché vivo sempre questo dualismo tra ciò che conosco e ciò che vorrei essere, trovandomi spesso destabilizzato e fuori da entrambi i posti, ma allo stesso tempo navigato in entrambi.
Un’aforisma per chiudere l’intervista per ERRE18.
“Il bene porta bene” è la frase che dico più spesso.