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LORENZO TOGNOCCHI, ATTORE NEL MUSICAL DI “SAPORE DI MARE”: UN ARTISTA DI ALTRI TEMPI

LORENZO TOGNOCCHI, ATTORE NEL MUSICAL DI “SAPORE DI MARE”: UN ARTISTA DI ALTRI TEMPI

Lorenzo Tognocchi, nasce a Pisa il 3 Luglio del 1990. All’età di quattordici anni inizia il suo percorso artistico presso la scuola PROSCAENIUM di Pisa, diretta da Laura Silo, diplomato all’Accademia Nazionale di Roma. Qui studia canto moderno con Donatella Pellegrini, ed è proprio grazie al canto che conosce e si appassiona al musical, tanto da iniziare anche un corso di formazione attoriale diretto per i primi tre anni da Renato Raimo e in seguito da Orazio Cioffi.

Attore, cantante, ballerino, perfomer, ha svolto diverse esperienze sia televisive che teatrali, ma si trova meglio nel teatro, si sente più vivo e si sta meglio anche se delle esperienze televisive alcune di queste le porta ancora nel cuore.

Gareggia nella scuola più amata d’ Italia nel format di Amici, osservando suo fratello, il quale poi gli permetterà di fare dello spettacolo il suo stesso lavoro. 

In “Sapore di Mare”, Lorenzo Tognocchi è Felicino Carraro interpretato nel film da Christian De Sica, Lorenzo, scelto dal regista Maurizio Colombi, con il quale c’era già una conoscenza pregressa nello spettacolo “Peter Pan”, super fan  della pellicola cinematografica dei fratelli Vanzina, fu subito scelto per la parte, aggiudicandosi così uno dei ruoli principali del musical! 

L’attore, presto così veste i panni di uno dei personaggi: il milanese Felicino, non per come tratta le donne come Susan, ma per il carattere e l’aspetto, si adatta, sin da subito in questa parte, trovando assai difficile, imparare il dialetto, nativo di Pisa, non è proprio stato facile adattare il suo timbro toscano a quello milanese, ma ricorda con piacere che anche per l’attore Christian De Sica, con il dialetto è stata un’impresa, ma come tutte le imprese entrambi sono stati molto credibili su quel palco davanti al numeroso pubblico presente in sala. 

Lorenzo, fan della canzone :”Non so degno di te “, ci confida l’amore per le canzoni di Morandi e Baglioni, ripensa con piacere a “Capitani coraggiosi”, innamorandosi di quella musica e di quelle parole, si sa che il gusto retró fa parte di lui, questi brani per lui sono tutti intramontabili!

Un brano dei musical ”Sapore di Mare”, che Lorenzo tiene particolarmente è “Celeste Nostalgia”, essendo cancro, come segno zodiacale, sostiene che l’aspetto nostalgico è positivo, e fa sì, che questo suo lato molto malinconico, fa di lui un interprete davvero autentico ed irresistibile!

Nei suoi progetti futuri, una seconda tournée di “Sapore di Mare”, sarebbe il suo sogno, ma il suo lavoro è sempre in divenire, non sedendosi mai, ammette: ”invecchiare fa schifo”, ride, ricordando con queste parole, dettate negli anni ‘60 dalla grande donna Virna Lise.

In questo momento, forse ci manca questa sensazione, dovremo tornare un po’ a teatro per assaporare la magia di quegli anni, un vetro appannato, pieno di nostalgici ricordi.” conclude così con un sorriso, il nostro attore: Lorenzo Tognocchi. 

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Pillole di Sanremo 2025: Arte e Musica. Intervista al cantautore Francesco Franco

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Pillole di Sanremo 2025: Arte e Musica. Intervista al cantautore Francesco Franco

Pillole di Sanremo 2025: Arte e musica. Intervista al cantautore Francesco Franco

Dalla Sala Stampa Lucio Dalla, nella splendida cornice di Sanremo,  si conoscono vari artisti fra i quali uno speaker radiofonico che scrive brani suoi e si diletta in varie forme artistiche, Francesco Franco.

Francesco Franco è un semplice ragazzo nato e cresciuto a Baggio, nella periferia ovest di Milano, da una famiglia di origini calabresi. L’importanza delle radici si ripercuote in tutto il mio essere, perché ciò che ho sempre visto in questi ambienti fa parte di una mentalità prevaricatrice, fatta di sopravvivenza, violenza e abbandono sociale. È da qui che nasce il mio lato artistico: quando cresci in un ambiente che senti non appartenerti, eppure è quello più familiare, ti senti spesso solo e incompreso e con una gran voglia di urlare dissenso e cambiare le cose. Con la scrittura ho capito che potevo rappresentare, trovare, aiutare chi, come me, si sente fuori luogo, fuori posto, e far capire che non siamo soli. Per me la parte sociale è fondamentale, sia nella musica che in tutto ciò che faccio. I primi live li ho fatti con associazioni benefiche, per ragazzi disabili, senzatetto ed altre difficoltà fino ad arrivare a conoscere Aivis (Associazione Italiana Vittime e Infortuni della Strada), di cui sono diventato socio onorario.

I brani che produci sono opere tue o ti fai scrivere i pezzi?

La parte autoriale è la più importante per me. Mi piace scrivere, scrivo tutto da solo; per alcune canzoni ci ho messo 5 minuti. Quando scrivo riesco ad esprimere pensieri che non riesco a far fluire in altro modo. Mi è successo più volte di rimanere sorpreso dai miei stessi testi, quasi come se li avessi scritti in “catalessi”. Mi riconosco più come autore che come cantante, anche se ad oggi ho scritto solo per me, ma mi piacerebbe scrivere per qualcun altro in futuro.

La tua definizione di arte.

Bellissima domanda. Per me l’arte, in ogni sua forma, è bellezza, quella pura, autentica. Tutto ciò che suscita emozioni istintive è arte. È arte un corpo che incanta nelle sue imperfezioni, così come la musica, un quadro, un film che suscita emozione e riflessione.

La canzone che più ami.

Ce ne sono troppe. Io amo la musica italiana in generale. D’istinto direi “Pensieri e parole” di Battisti.

Un ricordo della tua vita.

È brutto da dirsi, ma mi vengono in mente solo ricordi dolorosi. Vorrei solo dire che tutti i giorni penso di non farcela, poi resisto e ce la faccio, ce l’ho fatta.

Francesco ha altre vene artistiche?

Sì e no. Mi adatto a molti contesti, mi piace variare ed imparare sempre cose nuove. Sono una persona creativa che prova a fare un po’ tutto a modo suo. Faccio lo speaker in radio con un format creato da me e faccio parte dello staff di un programma TV, faccio le grafiche e i video delle mie canzoni da solo. Ma non so se potrei definirle “vene artistiche”, più forse “far di necessità virtù”.

Progetti futuri?

Pianifico molto, ma mi faccio condurre dal momento. Ti direi proseguire quello che sto facendo e imparare per farlo ancora meglio. Di sicuro ho intenzione di fare presto un altro EP musicale e in futuro vorrei fare un album, che in realtà esiste già, manca solo la pubblicazione.

Ho apprezzato fra i tuoi brani: Invisibile, per te cosa significa e che cosa ha rappresentato?

“Invisibile” fa parte dell’EP “Dalla Polvere” fatto in collaborazione con Dyma, mio amico fin dalle elementari e producer di tutte le mie canzoni precedenti, che qui si mette in luce anche come rapper. Ci siamo trovati entrambi in una fase dolorosa delle nostre vite ed abbiamo voluto “esorcizzare” quel periodo con un lavoro che ci facesse esprimere la nostra visione tra presente e futuro. In questo brano siamo partiti dal tema dei senzatetto come simbolo di emarginazione, esclusione sociale e abbandono, per esprimere come nella società moderna siamo tutti un po’ invisibili, descrivendone i punti dolorosi e di forza che ciò comporta.

È un brano a cui entrambi siamo molto legati, ci rappresenta e credo rappresenti la “solitudine” che ognuno di noi vive quotidianamente, ma al contempo, quella solitudine che accomuna tutti noi. Mi viene spontaneo dire “Non siamo soli nella nostra solitudine”.

Se fossi una canzone quale ti rappresenterebbe e perché.

Senza un posto nel mondo” di Marracash ft Tiziano Ferro perché vivo sempre questo dualismo tra ciò che conosco e ciò che vorrei essere, trovandomi spesso destabilizzato e fuori da entrambi i posti, ma allo stesso tempo navigato in entrambi.

Un’aforisma per chiudere l’intervista per ERRE18.

Il bene porta bene” è la frase che dico più spesso. 

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La nostra intervista a Claudio Insegno, regista dello spettacolo musicale

La nostra intervista a Claudio Insegno, regista dello spettacolo musicale: SOUNDTRACKS, il collezionista di Colonne Sonore Ecco nei teatri italiani SOUNDTRACKS, uno evento musicale che…...

La nostra intervista a Claudio Insegno, regista dello spettacolo musicale

La nostra intervista a Claudio Insegno, regista dello spettacolo musicale: SOUNDTRACKS, il collezionista di Colonne Sonore

Ecco nei teatri italiani SOUNDTRACKS, uno evento musicale che celebra i più grandi compositori del cinema portando sul palcoscenico una raccolta di 40 colonne sonore tra le più celebri di sempre. Sotto la guida del compositore e direttore d’orchestra Paolo Annunziato, la Cinesymphony Orchestra, in collaborazione con Estemporanea Orchestra, trasporterà il pubblico in un viaggio sonoro che spazia da John Williams a Hans Zimmer, da Nino Rota ad Alan Silvestri.


SOUNDTRACKS è stata inaugurata nei teatri italiani in quattro date a partire dal 30 novembre con l’apertura torinese al Teatro Colosseo. Ci sarà poi il turno di Brescia il 21 dicembre, al Teatro Dis_Play (Brixia Forum), quindi due date nel 2025, il 10 gennaio al Teatro del Verme di Milano e il 17 aprile al Teatro Lyrick di Assisi. Noi di Erre18 abbiamo un’intervista esclusiva con Claudio Insegno, regista teatrale di lungo corso che ha curato e curerà la regia di SOUNDTRACKS e che ci ha parlato di cosa sono per lui la musica, le colonne sonore e lo stare a teatro con un pubblico dal vivo.

 

SOUNDTRACKS porta nei teatri le grandi colonne sonore del cinema internazionale. E’ un amante genere?
Sono un collezionista di Colonne Sonore da quando avevo 13 anni! Credo che la colonna sonora sia fondamentale. La musica di sottofondo dovremmo averla anche nella vita per commentare tutti i momenti belli e brutti che viviamo!

 

Che rapporto ha con la musica?
Come appunto dicevo prima, la musica è fondamentale. Ti fa stare bene. Ti fa anche soffrire se, magari, ti ricorda un bruttò momento. Ma proprio per questo credo che l’emozione che ti danno le note musicali di qualsiasi cosa(colonna sonora, opera, musical, pop…) siano fondamentali per vivere meglio.

 

Luca Ward è la grande voce narrante scelta per accompagnare le colonne sonore.Con lui su cosa vi siete concentrati per ricreare questo spettacolo?
Di vivere il film che andiamo a presentare e di cercare di far entrare lo spettatore nell’atmosfera che abbiamo vissuto quando abbiamo visto il film in questione.

 

Qual è la tua colonna sonora preferita che ti rappresenta all’interno dell’evento musicale?
Ce ne sono tante. Non riesco a scegliere quella giusta . Ognuna ha il suo ricordo indelebile di quando sono andato a vedere il film o di quando ho comprato la colonna sonora… però, forse, per questione di amore nei confronti del compositore posso nominare COLAZIONE DA TIFFANY di Henry Mancini.

 

Prossimi spettacoli?
Sto in tournée con STANLIO & OLLIO, spettacolo comico musicale che parla della vita dei due geni della comicità. Io l’ho scritto e curato la regia ed interpreto Stanlio.

 

Un’aforisma per chiudere quest’intervista ad ERRE18?

La colonna sonora di un film non è solo musica: è l’anima invisibile che guida le emozioni, sussurra storie e trasforma ogni scena in eterno ricordo.

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La musica nel sangue e il musical nel cuore

La musica nel sangue e il musical nel cuore: intervista al regista Salvatore Sito.

Salvatore, ci racconti il tuo rapporto sia personale che professionale con la musica?

Con la musica ho un rapporto intimo e tumultuoso, un dialogo che non si interrompe mai. Non passa un solo pensiero che non sia da essa accompagnato, scandisce il ritmo delle mie giornate ed enfatizza i miei stati d’animo. A volte sembra giocare a nascondersi tra le cose, stimolando la mia curiosità: una lavatrice in funzione che ispira un coro, riconoscere quale strumento sta usando il dentista in base alle diverse altezze del suono che produce. 

La musica mi ha insegnato, soprattutto, che alcune cose (quelle più profonde) non si possono raccontare con le parole. Ed è per questo che avere un rapporto tanto intimo con essa è fondamentale per riuscire nel mio lavoro. 

Nel teatro musicale la musica non è mai un semplice accompagnamento, ma contiene una drammaturgia propria, ci deve raccontare delle cose. Per poter essere in grado di restituire allo spettatore le intenzioni dell’autore, quindi, la musica bisogna essere in grado di leggerla, sentirla, immaginarla.

 

La musica ha scelto te o tu hai scelto la musica?

La musica ha scelto me, senza dubbio. Il mio è stato un percorso naturale, spontaneo, non cercato. Non ho mai pensato di avere scelta in questo senso. Anche quando ho attraversato momenti di sconforto e avrei voluto mettere tutto da parte, mi è stato impossibile riuscirci. 

 

Il tuo rapporto con la musica è cambiato negli anni?

Il mio rapporto con la musica non è cambiato, anche se con il passare degli anni ho dovuto imparare a gestirlo. Il teatro mi ha dato disciplina e la possibilità di sviluppare un mio linguaggio, affinché questa forte componente istintiva riuscisse a trovare una forma espressiva efficace.

 

Il musical è un genere molto particolare che richiede capacità interpretative su diversi livelli. Come selezioni le persone adatte a portare in scena i tuoi personaggi?

Anche in questo caso la componente musicale è il punto di partenza. 

Gli attori scelti devono prima di tutto rispettare le caratteristiche che la scrittura musicale impone al ruolo, dopodiché si valutano le competenze/abilità, il background, l’aspetto fisico, ma anche l’energia, l’equilibrio con gli altri attori, il potenziale di crescita, la risposta emotiva, sono davvero tanti gli aspetti da tenere in considerazione nel fare una scelta ponderata.

 

Un regista si occupa davvero di tante cose! Qual è l’aspetto che ti piace di più del tuo lavoro?

Mi appassiona l’analisi concettuale, lavorare sull’opera alla ricerca di contenuti, connessioni che mi permettano di raccontare quella storia in un modo nuovo, senza però in nessun modo alterarne lo sviluppo e il significato originale. Mi piace poi lavorare alla costruzione di un’estetica che sposi perfettamente il concept realizzato e alla ricerca del relativo linguaggio con gli attori.

 

Raccontaci qualcosa di più su come sei diventato un regista di musical.

Sono diventato un regista dopo aver capito che quella del palcoscenico non era la mia dimensione. Averlo vissuto, però, mi permette di capire le difficoltà a cui gli attori vanno incontro, di capire i momenti e di sapere fin dove posso arrivare a pretendere e dove invece è necessario fermarsi. 

 

Sei riuscito a fare tutto da solo, o ci sono altre persone che lavorano con te?

Il regista in genere ha la fortuna di poter scegliere il suo team, ed io mi sono circondato di persone straordinarie. Grandi professionisti ma anche grandi persone, con le quali giorno dopo giorno si alimenta un rapporto di fiducia e stima reciproca.

 

Prossime tappe per il musical della Famiglia Addams? 

Alessandria, Ravenna, Pescara, Sondrio, Firenze, Napoli, Montecatini, Ascoli, Conegliano, Grosseto, Rovigo, Bologna e Rieti. Troverete tutte le info su www.lafamigliaaddams.it.

 

Nuovi progetti in vista? 

Sto lavorando ad un progetto di regia per “Tosca” di Puccini che debutterà nel 2025 e su altri progetti operistici che purtroppo non posso ancora anticipare, oltre alla produzione di un nuovo musical inedito con Compagnia della Corona: “Arsène Lupin, ladro gentiluomo” con mio libretto e musiche originali di Paola Magnanini che debutterà a fine 2025. 

 

Un’aforisma per la nostra redazione di Erre18.

Una citazione dal mio nuovo libretto di “Arsène Lupin”: “Tutto nasce da una cosa che finisce“.

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La nostra intervista all’attore Gabriele Filosa, volto noto degli spot televisivi: le mille facce del cinema.

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Come ha iniziato la sua carriera di attore?

È colpa di Corrado Guzzanti. Ero un bambino, mi divertivo a imitare i personaggi inventati da Corrado Guzzanti e dai comici del Pippo Kennedy Show credo sia iniziata così. Il mio pezzo forte era Gabriele La Porta che teneva in ostaggio i suoi ospiti nel suo programma di filosofia con la sua follia o lo stupendo venditore di quadri di Teleproboscide, che vendeva sole, proponevo le mie imitazioni nell’intervallo a compagni e a casa, ah e i dialetti, mi divertivo a fare i dialetti. A volte invece creavo con colla vinilica e uno stuzzicadente delle finte ferite su braccia o viso e poi col sangue finto di Carnevale fingevo di essermi ferito e correvo dai miei genitori urlando per farli spaventare, loro se lo ricordano molto bene. 

Cosa l’ha ispirato a diventare attore?

Quando ero piccolo c’era un teatro dietro casa, il Teatro Araldo detto Il Teatro dell’Angolo, e i miei genitori portavano sempre me e mia sorella a vedere spettacoli. Ero incantato da queste persone coraggiose che sopra un palco davanti a tutti giocavano al teatro, facevano ridere o piangere, mi facevano sognare, volevo essere come loro, non sapevo ancora che qualche anno più tardi sarei stato su quello stesso palco a fare uno spettacolo anche io. 

Ha frequentato scuole di recitazione o corsi di formazione specifici?

Ho partecipato per la prima volta ad un corso di teatro in prima media, era un laboratorio proposto dalla scuola condotto dall’attore Ugo Giletta una persona stupenda, mi ispirò molto. L’anno successivo mi iscrissi parallelamente al corso di teatro proposto dal Teatro Araldo, lì trovai una insegnante che mi avrebbe cambiato la vita: Luigina Dagostino, diventò una seconda madre per me e i miei compagni di corso oltre che regista di tanti spettacoli. La classe era molto affiatata e seguìi poi il corso avanzato, e quel gruppo diventò speciale. La compagnia del Teatro dell’Angolo voleva diventare grande e nel 2006 ci trasferimmo in quella che sarebbe poi diventata La Casa Del Teatro Ragazzi e Giovani, Fondazione TRG, sotto il Teatro Stabile d’innovazione di Torino. Lì feci il mio primo spettacolo teatrale da scritturato. Parallelamente ai corsi e agli anni del Liceo frequentai per due anni la scuola di doppiaggio della O.D.S. per educare la voce, e alcuni Masterclass di recitazione cinematografica. In seguito entrai nella scuola di perfezionamento per attori diretta da Jurij Ferrini, dove incontrai docenti incredibili, come Natalino Balasso, Jurij Ferrini, Gabriele Vacis, Nicole Kehrberger, Checco Origo, Marco Lorenzi, Cristina Pezzoli, Gianluigi Fogacci ma per questo ci sarebbe bisogno di un’ intervista a parte, perché furono due anni assurdi. Partecipai poi ad una Masterclass sulla tecnica Chubbuck a Roma con Patrizia De Santis. Non si smette mai di studiare e prepararsi.. ma come diceva la Kehberger la migliore palestra dell’attore è fuori di casa a studiare le persone. 

Ha avuto dei modelli di riferimento nel mondo del cinema o del teatro?

Uno degli attori italiani che stimo di più è Silvio Orlando, un attore umile, con un talento strepitoso, che ha vissuto lontano dai gossip o dai riflettori, è sempre stato fedele alla sua linea e pur non essendo bello, alto e palestrato ha dimostrato che il talento ti fa arrivare ovunque, un gran professionista. Nello scenario internazionale invece Gene Wilder è stato il mio idolo fin da bambino, per la sua comicità minimale, un genio unico.

Può raccontarci del suo primo ruolo importante?

Non saprei, i ruoli per un attore sono tutti importanti, apprezzai molto quando mi assegnarono il ruolo di Demetrio in “Sogno di una notte di mezza estate” con la compagnia Alfieri. 

Qual è stato il progetto più sfidante a cui ha lavorato finora?

Mi venne proposto di fare uno spettacolo assieme all’ Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai con l’attrice Claudia Appiano e la Regia di Pasquale Buonarota, era un mix di musica dal vivo e teatro. Ho dovuto studiare a memoria i brani suonati dai maestri della Sinfonica per sapere esattamente in che punti intervenire con il testo. È stato molto formativo e non scontato, ma facemmo due anni di repliche con “La Casa dei Suoni” , tutte sold out. Fu una bella sfida e un grande onore per me.

C’è un ruolo o un progetto di cui è particolarmente orgoglioso?

Ho partecipato ad un cortometraggio in cui non avevamo praticamente mezzi, ero l’unico attore e non avevo uno script, avevo a disposizione solo un trucco speciale in volto fatto con tanto e minuzioso lavoro da Michele Guaschino, uno degli effettisti speciali più bravi d’Europa.. ero irriconoscibile, un mostro, come voleva la parte, solo le pupille erano le mie.. ricordo che era Agosto ci vollero più di tre ore per completare il trucco ed ero vestito con pantaloni di lana, gilet sopra la camicia, e un tabarro sempre di lana, più una calotta in silicone sulla testa e diverse protesi incollate alla faccia, una protesi dentaria incastrata sul calco dei miei denti , le condizioni non erano comfortevoli, ma il lavoro fù interessante, mi ero preparato studiando Elephant Man, sul set improvvisai liberamente e feci una proposta al regista cercando di toccare diversi stati d’animo col personaggio. Quando a lavori conclusi ci fu una proiezione una signora del pubblico vedendomi mi disse che non credeva che potessi essere io dietro la maschera nel film, e mi disse: “Si lo so che è una maschera, ma gli occhi non sono i tuoi” questo è stato il complimento più bello della mia vita. Gli occhi dicono tutto, e se non sono i tuoi vuol dire che hai fatto un bel lavoro forse.

Quali sono i suoi obiettivi a lungo termine come attore?

Il mio grande sogno è un giorno aprire una scuola di recitazione gratuita per ragazzi, se imparassimo a immedesimarci tutti nel prossimo sarebbe un mondo migliore. Il teatro fa questo.

Ci sono ruoli o generi che le piacerebbe esplorare in futuro?

Vorrei esplorare il drammatico, ma anche essere un falso eroe nel cinema, un traditore inaspettato. Mi piacciono i ruoli complessi, con la doppia faccia, offrono delle grandi occasioni .

Quali pensa siano le sfide principali per i giovani attori oggi?

Sicuramente il mondo in cui si affacciano è più complesso del passato, oggi viene meno il rispetto che un tempo si riconosceva agli artisti, e i budget si sono ridotti nel mondo del teatro e del cinema, quindi servirà loro molta preparazione e molta tenacia; inoltre l’intelligenza artificiale sta trasformando il mondo e il settore cinema, dovranno capire come sfruttarla e non essere da essa sfruttati. Per quanto riguarda il teatro penso che non morirà mai, sarà dura ma sarà.

Su cosa sta lavorando attualmente? Ci sono nuovi progetti o collaborazioni che puoi condividere con noi di Erre18?

Ogni giorno arriva una nuova occasione, per ora mi concentro sui progetti del presente, dedicarmici al meglio mi dà energia e motivazione, poi il futuro arriva inesorabile.

Ci saluta con un suo motto?

Rubo il motto di una insegnante che stata importante per me… diceva sempre “if you feel pain please smile” se provi dolore o fai fatica, sorridi. Fatelo funziona.

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